Era ancora lunedì, Un normale lunedì, in un periodo in cui non so dare importanza ai giorni della settimana. Sono a Brescia, e sa di casa, anche se è lunedì, ma poco importa. Ho in mano una Canon e una birra appoggiata a terra, è così facile riassumere una persona a volte. Salgo le scale, quelle scale che sembrano le scale di casa. Beh sì, certi locali sembrano più familiari di casa, certe volte. 
Hi! I’m Giulia, the photographer… HI! Micah, nice to meet you… Silenzio. No, non è un silenzio che mette a disagio, non ho un frullato da 5 dollari di fronte e non suonano rock n roll. Stai bene? Beh, spero di sì… Dai siediti, quel divano mi ha fatto pensare a te. AH, figo, ok. CLICK CLICK CLICK.
Sospesa in quel suono, non mi guarda, è nervoso, probabilmente sta pensando a campi sterminati di tabacco, probabilmente non gli piace il blu, ma è a suo agio, ha appena sorriso. Vuole accendersi una sigaretta ma non siamo più negli anni 80, Micah, look at me… Sono belli gli sguardi che ti fanno venire i brividi.
La luce abbaglia, gli chiedo scusa, faccio veloce. Sorride, don’t worry. Ehi Micah, è un problema sederti a terra? Problem? Are you kidding? I love the floor.
Seduta a terra, di fronte a lui, seduto a terra. All’improvviso ho ancora 4 anni, e mio fratello è di fronte a me a giocare con le sorprese dell’uovo di pasqua.
Cinque minuti, sono passati cinque minuti, non 21 anni. Si alza, io rimango li stupita del tempo che passa e non te ne accorgi. Lui si guarda attorno timido, non sa che fare, d’improvviso una luce si spegne, e io clicco. CLICK CLICK CLICK.

Ehi, can I see? OVVIO. Wow, grazie, I’m sorry, but I have to smoke. Io mi siedo a terra ancora un attimo, Il cuore batte e me ne sono accorta, non posso non ascoltarlo ancora un pò. Non poteva andare diversamente, ci eravamo capiti dai calzini.
MICAH P. HINSON
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